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sabato 3 giugno 2017
Daniele Capecchi IL MATTO 4 giugno 2017
IL MATTO di Daniele Capecchi
Stava lì, come ogni giorno, seduto sulla riva a guardare quell’infinita distesa d’acqua in movimento, perso in pensieri che nessuno avrebbe potuto indovinare. Era una di quelle persone dall’età indefinibile: non molto alto ma ben piazzato e con capelli ancora neri che ben si addicevano al colorito olivastro e agli occhi scuri. I suoi modi schivi, nessuno l’aveva mai sentito parlare, contrastavano con l’allegra confusione che a ogni ora pervadeva il campeggio e avevano fatto nascere più di un domanda sul suo conto.
Noi ragazzi non ci mettemmo molto a chiamarlo “il matto” e, del resto, come avresti potuto definire un tipo che non parla mai, che ogni mattina esce prestissimo dalla sua tenda per andare al mare e passa tutto il giorno da solo, seduto nel solito posto, a contemplarne l’immensità?
Le mamme raccomandavano ai piccoli di stargli alla larga ed i padri ne parlavano apertamente definendolo “un po’ tocco e, forse, neanche tanto normale”, accompagnando la frase con una strizzatina d’occhio.
Più di una volta ci eravamo avvicinati di nascosto alla sua piazzola, la numero 101, ma, con grande delusione, non avevamo mai visto niente di strano: o non c’era, o si dedicava a fare pulizia, o a prepararsi da mangiare.
Spillo era uno tosto e non gli ci era voluto molto per assicurarsi il ruolo di capo della piccola banda che riempiva quei pigri giorni d’estate con giochi e scherzi di ogni tipo. Se dalle docce spariva l’acqua mentre tutti erano insaponati, se alle chiavi dei bungalow venivano scambiate le targhette in modo che nessuno potesse più entrare in casa e se una filata di mutande e reggiseni garriva al vento al posto della bandiera italiana sull’alto pennone del campeggio, non ci voleva molta fantasia per scoprire l’autore delle bravate.
Quel giorno, durante il pranzo, gli era stato proibito per l’ennesima volta di andare al mare prima delle quattro e, come al solito, gli avevano fatto una testa così sui pericoli della congestione.
A lui venivano a dire certe cose?... A lui, che nuotava come un delfino e che stava sott’acqua più di tutti?
Appena fu certo che tutti dormissero sgattaiolò via, inoltrandosi in quel caldo pomeriggio d’estate. Con poche energiche pedalate raggiunse la spiaggia, lasciò cadere la bici, si tolse la maglietta e, obbedendo al richiamo delle infinite scaglie d’argento che luccicavano sulla superficie, si tuffò in acqua. Con la coda dell’occhio aveva intravisto il matto seduto al solito posto, ormai talmente parte del paesaggio da risultare quasi invisibile.
Oltrepassò di slancio il limite delle boe, godendo del brivido dell’ennesima trasgressione, e si fermò solo quando gli ombrelloni non furono che macchie colorate.
Fu un attimo!
Un’improvvisa vampa di calore lasciò il posto ad una lama di freddo che gli tolse il respiro. Cercò di nuotare ma gli arti non rispondevano. Allora provò a urlare, ma si trovò la bocca piena di quell’acqua salata che prima gli era amica e adesso gli stringeva la gola in una morsa.
Annaspò per qualche istante di terrore, poi un velo nero gli calò sugli occhi e si sentì sprofondare sempre più giù…
Il signore che portava a spasso il cane raccontò di non aver mai visto qualcuno scattare così, tuffarsi senza provocare spruzzi e nuotare sott’acqua a quella velocità. In pochi attimi, il matto aveva oltrepassato le boe e riguadagnato la riva, tenendo Spillo bene fuori dall’acqua senza alcuno sforzo apparente. Lo adagiò con dolcezza sulla battigia e, con fare esperto, gli fece espellere l’acqua dai polmoni permettendogli, tra attacchi di tosse e conati di vomito, di respirare di nuovo.
Subito, in quell’atmosfera i cui colori avevano perso saturazione, si formò un capannello di gente che voleva vedere, curiosare, sincerarsi, congratularsi ma, approfittando della ressa, il matto si era dileguato in silenzio, come sempre.
Nella cameretta di Spillo, al pronto soccorso, il viavai era incessante; tutti volevano vederlo, toccarlo, farlo sorridere finchè lui, esausto, si addormentò.
Il mattino dopo, un corteo di gente con il padre di Spillo in testa si recò a trovare il matto per manifestargli gratitudine e ammirazione. Molti cercavano, in silenzio, le parole per scusarsi per come lo avevano sempre deriso e giudicato male ma, arrivati sul posto, si ritrovarono completamente disorientati: la piazzola numero 101 non si trovava.
Lungi dall’arrendersi, sciamarono verso la direzione, dove la risposta che ottennero fu di quelle indimenticabili.
“Ma… volete scherzare? Questo campeggio ha sempre avuto solo 100 piazzole!”.