IL VEDOVO di Luca Oggero
Nella camera ardente la gente si avvicendava nell’avvicinarsi alla bara aperta e dare l’ultimo saluto alla donna distesa nel cofano di legno. Poi a turno stringevano la mano all’uomo che stava in piedi di fianco alla cassa oppure lo cingevano in un breve abbraccio soffiandogli nell’orecchio le parole “Condoglianze, Guido”, seguite da una varietà a random delle frasi di circostanza tipiche di momenti come quello:
“Guarda come l’hanno composta bene, sembra quasi che sorrida”
“Eeh, prima o poi ci tocca a tutti…”
“Dai, fatti forza, almeno ha smesso di soffrire”
“Era davvero una brava donna, mi spiace tanto per te, Guido. Chissà quanto ti mancherà”.
Quando qualcuno lo apostrofava con quest’ultima frase, Guido si sforzava di tenere il contegno di un neo-vedovo e col volto contrito annuiva in silenzio ma dentro di sé avrebbe voluto rispondere:
“No, ti sbagli. Non era affatto una brava donna e non mi mancherà per niente. Era una vecchia megera logorroica, possessiva e autoritaria che per trent’anni mi ha comandato a bacchetta, mi ha impedito di avere una vita sociale, mi ha controllato in ciò che mangiavo, in come mi vestivo, in ogni cosa facessi svirilizzandomi totalmente e mi ha reso la vita un inferno. Ringrazio il Signore che se la sia portata via e mi spiace soltanto che non se la sia portata via prima”.
La gente venuta per recitare il rosario adesso se ne era andata e Guido, rimasto solo di fianco alla salma di Cinzia, si sentì finalmente sollevato dal dover recitare la parte del marito addolorato per la perdita dell’amata mogliettina e decise di uscire fuori a fumarsi uno dei suoi amati toscanelli.
Guardò in faccia la moglie morta e con un’aria quasi di sfida disse a mezza voce:
“Io esco a fumare”.
Il silenzio che gli rispose gli strappò dal volto un mezzo sorriso.
“Ah, non dici niente ora, eh?”
La sua passione per i toscanelli era stata da sempre uno degli argomenti di maggior attrito tra lui e la moglie. Non solo Cinzia non aveva mai sopportato l’odore dei sigari, costringendolo a uscire sul balcone a fumare anche durante gli inverni più rigidi ma, preoccupata per la salute del marito, ogni volta che questi usciva a fumare un sigaro, gli diceva: “Poi quando ti prendi il cancro non venirti a lamentare con me! Io te l’ho sempre detto che quei cosi ti porteranno presto alla tomba!”
“Chi è, cara, che è finito alla tomba?” pensò Guido sarcastico mentre accendeva il toscano nel cortile della sala mortuaria, riparando con la mano il fiammifero dal tiepido vento di settembre.
Era il primo sigaro che poteva fumare da anni a questa parte senza che nessuno sporcasse il suo piacevole rituale con frasi piene di iattura e lui se lo gustò come mai aveva fatto prima. Ogni boccata sapeva di ritrovata libertà, a ogni tiro era come se un piccolo peso si staccasse dalla sua schiena per renderlo più leggero.
Finito il sigaro rientrò nella camera ardente, prese una sedia e si sistemò accanto alla salma iniziando a parlarle:
“Mamma mia Cinzia, che bontà il toscanello che mi sono appena fumato! Come? Non ti piace l’odore dei toscanelli? E che credi che non lo sappia? Mi hai fatto una testa così per tutta la vita sulla “puzza tremenda di quei cosi”. Beh, amore, sai che ti dico? Da domani quella puzza tremenda sarà l’odore che ci sarà ogni giorno in casa. Sì, nella tua bella casa a cui tenevi così tanto, nella quale non ho mai potuto appendere un quadro che mi piacesse, scegliere un mobile o la tinta da dare, perché tutte le mie idee le hai sempre bocciate. Ovviamente adesso le cose andranno un po’ diversamente… Ti ricordi quella volta che portai a casa quel quadro col mare in tempesta e le due barche che cercano di sfidare la potenza degli elementi? Ti ricordi che mi vietasti in tutti i modi di poterlo appendere in casa perché secondo te era una crosta inguardabile e ti vergognavi che io avessi così poco gusto estetico? Beh, cara, ho una notizia da darti: domani quel quadro io lo appendo. E indovina un po’ dove ho intenzione di piazzarlo? Proprio in camera nostra, sopra il letto, al posto della foto del nostro matrimonio! Non sei contenta? No? E allora perché non me lo dici? Ah, già! Sei morta… E io ora cosa farò senza di te, mia dolce sposa? Dunque, vediamo un po’… Penso che per prima cosa, quando uscirò di qui, andrò a cercare una puttana e mi farò una bella scopata, cosa che tu da almeno dieci anni a questa parte non mi hai più permesso di fare. Quante volte hai respinto il mio braccio che ti cercava, quante volte avevi mal di testa o eri troppo stanca o mi dicevi che puzzavo di sigaro… Ah, sì! Voglio farmi una trombata come Dio comanda alla faccia tua e del mal di testa. Poi, siccome il sesso mette appetito, andrò al ristorante e mi mangerò un bel fritto misto con un litro di vino bianco. Mica la merda di verdure bollite che mi obbligavi a mangiare tu perché secondo te ero troppo grasso… No, no, un bel fritto di pesce bello unto e dopo cena due begli ammazzacaffè. Uno alla mia salute e l’altro alla tua, che mi hai sempre vietato i liquori. E poi per il futuro si vedrà… Due cose soltanto sono certe: la prima è che voglio gettare via tutto ciò che in casa hai deciso tu di mettere, cioè praticamente ogni cosa, e lo sostituirò con cose di mio gusto… Anzi, meglio ancora, con cose che sono certo a te non sarebbero piaciute. Che ne dici?”
Guardò la moglie che, ovviamente, non disse niente.
“Sai che discutere con te da morta non è affatto male? Quindi, ti dicevo, la prima cosa è questa. La seconda, tieniti forte cara, è che appena ti avrò sotterrata chiederò a Nunzia di fidanzarci. Sì, la tua cara amica Nunzia! Perché è vedova come me, è una donna dolcissima che ha sempre capito la vita di merda che mi facevi fare e mi è sempre stata di gran conforto con la sua presenza discreta e le sue parole gentili quando per colpa tua mi sentivo un verme in gabbia”.
Due dipendenti dell’obitorio sostavano sulla porta d’ingresso. Uno si avvicinò a Guido e gli posò una mano sulla spalla.
“Signore, le chiedo scusa ma dobbiamo chiudere la camera. Potrà tornare da sua moglie domattina”.
“Certo, capisco…”.
Guido si alzò dalla sedia e si chinò sulla bara della moglie, appoggiandole un leggero bacio sulla fronte.
“A domani, tesoro mio…”.
Poi, salutando con un cenno del capo i due uomini nella sala, uscì nella notte domandandosi su quale strada cittadina ci fossero le puttane più belle.
“Hai visto come le parlava?” domandò uno dei due uomini all’altro.
“Sì, le ha fatto un lungo discorso, come se lei fosse ancora viva…”
“Poveraccio, doveva amarla veramente tantissimo…”